Discorsi

Primo discorso del Comandante in Capo Fidel Castro Ruz in Radio Rebelde, 14 aprile 1958

Data: 

14/04/1958

All’opinione pubblica di Cuba e dei popoli liberi dell’America Latina

Ho marciato senza sosta giorni e notti dalla zona di operazioni della Colonna.  1, sotto il mio comando, per compiere quest’appuntamento alla stazione radio Radio Rebelde.

E’ stato difficile per me abbandonare i miei uomini in questi istanti, benché per brevi giorni, ma parlare al popolo è anch’esso un dovere e una necessità che non potevo non compiere.  

Odiosa com’é la tirannia in tutti i suoi aspetti, in nessun posto sarebbe tanto irritante e grossolanamente cinica quanto nel controllo assoluto che impone a tutti i mass media: stampa, radio e televisione.  

La censura, per sé tanto ripugnante, lo diventa molto di più non solo quando si utilizza per occultare al paese la verità di quanto accade ma anche quando si pretende, con l'uso parziale ed esclusivo di tutti gli organi regolari di divulgazione, far credere al popolo quanto conviene alla sicurezza dei boia.

Mentre occultano la verità ad ogni costo, diffondono la menzogna attraverso tutti i media.

Non ascolta il popolo altre notizie che i rapporti dello Stato Maggiore della Dittatura. Oltre all'oltraggio della censura, s’impone alla stampa l'oltraggio della menzogna. E quegli stessi giornali ed emittenti, ai quali un inquisitore severo e vigilante impedisce la pubblicazione di ogni notizia vera, sono costretti a informare e trasmettere tutto quanto la dittatura informa. Al popolo sono strappati i suoi organi d’opinione per trasformarli in strumenti dell’oppressione.  La tirannia pretende ingannare costantemente il popolo, come se il mero fatto di negargli ogni informazione che non provenga da fonte ufficiale non bastasse a invalidare tutte le sue informazioni.

E a chi dovrebbe credere il paese? Ai criminali che lo opprimono, ai traditori che gli strapparono la sua Costituzione e le sue libertà, agli stessi che censurano la stampa e le impediscono di pubblicare con libertà la più insignificante notizia? Insensati se pensano così, perché mediante la forza si può costringere un popolo a far tutto, eccetto credere!

Quando si scriva la vera storia di questa lotta e si confronti ogni fatto avvenuto con i rapporti ufficiali del regime, si capirà fino a che punto la tirannia è capace di corrompere e avvilire le istituzioni della Repubblica, fino a che punto la forza al servizio del male è capace di arrivare ad estremi di criminalità e barbarie, fino a che punto una soldatesca mercenaria e senza ideologia può essere ingannata dai propri capi. Oltretutto, cosa gliene importa ai despoti e ai boia dei popoli la smentita della storia? Quello che li preoccupa è uscire dal pasticcio e pospore l’inevitabile crollo.

Io non credo che lo Stato Maggiore menta per vergogna.

Lo Stato Maggiore dell'Esercito di Cuba ha dimostrato non avere alcun pudore.

Lo Stato Maggiore inganna nel proprio interesse. Diffonde le menzogne al popolo e all’Esercito e inganna per evitare la demoralizzazione nelle sue file, perché si rifiuta di riconoscere davanti al mondo la propria incapacità militare, la propria condizione di mercenario, venduto alla causa più disonorevole che possa difendersi; inganna perché, nonostante le decine di migliaia di soldati e le immense risorse materiali di cui dispone, non è riuscito a sconfiggere un gruppo di uomini che si è alzato per difendere i diritti del suo popolo. I fucili mercenari della tirannia si sono schiantati contro i fucili idealistici che non riscuotono stipendio. Né la tecnica militare, né l'accademia, né le armi più moderne sono servite a niente.

È che i militari, quando non difendono la Patria ma l'attaccano, quando non difendono il proprio popolo ma lo schiavizzano, smettono di essere istituzione per trasformarsi in banda armata, smettono di essere militari per diventare malviventi, e non meritano più non solo lo stipendio che ricevono dal sudore del popolo ma nemmeno il sole che li protegge sulla terra che stanno insanguinando con disonore e vigliaccheria.

Gli stessi militari che non hanno mai difeso la Patria da un nemico estraneo non hanno mai conquistato una medaglia nei campi di battaglia, devono i propri gradi al tradimento, al nepotismo e al crimine, emettono rapporti di guerra annunciando dieci, venti, trenta e fino a cinquanta compatrioti uccisi dalle proprie armi omicide, come se fossero vittorie della Patria, come se ogni cubano assassinato ( perché sono queste quale le perdite che loro annunciano), non avesse fratelli, figli, moglie o genitori. Soltanto con i parenti dei compatrioti ultimati si potrebbe portare avanti una guerra vittoriosa.

Noi non abbiamo mai assassinato un prigioniero nemico. Noi non abbiamo mai abbandonato un avversario ferito nei campi di battaglia; ciò è e sarà sempre per noi un onore e un segno di gloria. Noi proviamo dolore per ogni avversario che cade, benché la nostra guerra sia la più giusta delle guerre perché è una guerra per la libertà.

Ma il popolo di Cuba sa che la lotta si svolge vittoriosamente; il popolo di Cuba sa che durante diciassette mesi, dal nostro sbarco con un gruppo di uomini che seppero affrontare la sconfitta iniziale senza desistere dal patriottico impegno, la Rivoluzione ha continuato a crescere incessantemente; sa che ciò che era scintilla appena un anno fa è oggi fiamma invincibile;  sa che oramai si lotta non solo nel Sierra Maestra, da Capo Cruz a Santiago di Cuba ma anche nella Sierra Cristal, da Mayarí a Baracoa;  nella pianura del Cauto, da Bayamo fino a Victoria de las Tunas;  nella Provincia di Las Villas, dalla Sierra  Escambray  fino alla  Sierra de Trinidad e nelle montagne di Pinar del Río;  nelle stesse strade delle città e dei paesi si lotta eroicamente; ma, soprattutto, il popolo di Cuba sa che la volontà e la costanza con cui iniziammo questa lotta si mantengono indistruttibili, sa che siamo un esercito sorto dal nulla, che l'avversità non ci scoraggia, che dopo ogni sconfitta la Rivoluzione è risorta con più forza;  sa che la distruzione del distaccamento spedizionario del Granma non fu la fine della lotta bensì l’inizio;  sa che lo sciopero spontaneo che seguì all'assassinio del nostro compagno Frank País non vinse tirannia ma segnalò la via dello sciopero organizzato;  che sul tumulo di cadaveri con cui la dittatura soffoca in sangue il nuovo sciopero non può mantenersi al potere nessun governo, perché le centinaia di giovani e operai assassinati in questi giorni e la repressione senza precedenti scatenata contro il popolo, non indebolisce la Rivoluzione bensì la rende più forte, più necessaria, più invincibile;  che il sangue versato fa crescere il coraggio e l'indignazione, che ogni compagno caduto per le strade delle città e nei campi di battaglia sveglia nei suoi fratelli di ideale un desiderio irresistibile di dare anche la vita; sveglia negli indolenti il desiderio di combattere, sveglia nei moderati il sentimento della Patria che se dissangua per la dignità, sveglia in tutti i paesi dell'America la simpatia e l'adesione.

No, quei rapporti dello Stato Maggiore annunciando, con accento giubilante, grappoli di cadaveri, non scoraggiano nessuno, ma indignano la nazione e la incitano alla lotta.

Non possono scoraggiare il popolo, ancora meno se si sa che in questa lotta loro hanno la peggio, che le truppe nemiche sono battute in tutta la linea, che gli ultimi combattimenti vittoriosi delle nostre forze si sono svolti a quattro chilometri di Manzanillo, in pieno giorno e in mezzo alla pianura, soffrendo la dittatura enormi perdite. Noi non mentiamo, il colto che rendiamo alla libertà e al decoro dell'uomo è il colto che rendiamo alla verità quale  diritto dei popoli che i despoti non sanno né possono rispettare.  

La proporzione tra le perdite nemiche e le nostre è di dieci a una da quando è cominciata questa lotta.

Quando lo Stato Maggiore annuncia la morte di trenta, quaranta e anche di cinquanta ribelli, si tratta invariabilmente di contadini indifesi, detenuti nelle loro case e assassinati senza compassione. Così hanno ottenuto i suoi gradi molti ufficiali che sono a comando delle truppe della dittatura nella Sierra Maestra. La promozione di quegli assassini per i massacri perpetrati contro compatrioti indifesi ha messo in pratica e stimolato uno dei procedimenti più ripugnanti ed inumani che possa concepirsi in una guerra.

Le imprese della dittatura sono molto lontane dal coraggio e dall’onore militare.

Preda della disperazione e dell’impotenza, la dittatura ha messo in pratica la criminale tattica di bombardare e mitragliare sistematicamente le case di famiglie. Questa misura, inaspettata per quanto assurda, ha sorpreso la popolazione che abita al nord della Sierra, priva di rifugi antiaerei, causando numerose vittime.

Lo scorso giovedì l0 aprile, dopo il combattimento di Pozón, dove fu distrutto completamente un distaccamento della dittatura, uscito da Yara a inseguire una pattuglia ribelle che attaccò un convoglio nell’autostrada Manzanilo-Bayamo, tre aeroplani B-26, un "jet" e due aerei leggeri attaccarono impietosi, durante due ore, il villaggio rurale di Cayo Espino, dove non c’era nessun obiettivo militare. Non rimase una sola casa che non fosse colpita dalla mitraglia. Un ospedale di sangue, improvvisato nella retroguardia con tre medici del Movimento 26 luglio, assistette i feriti che dovettero attendere la notte per essere trasportati. Un bambino di cinque anni se dissanguò nel tragitto e morì nel tavolo rustico che s’improvvisò per le operazioni, con le due gambe tagliate da una pallottola calibro 50 di aeroplano, che ferì anche le due sorelline.

Nessun spettacolo ci ha colpito tanto quanto quello del bambino moribondo che chiamò la sua nonnina per dirle, appena senza piangere, che l'aveva voluto molto bene ma “ormai non potrebbe continuare a farlo perché stava per morire”. Era come se quel bambino precoce avesse coscienza del suo sacrificio, come se capisse che stava morendo anche per odiare i barbari che mitragliano umili case di famiglia.

Giornalisti di quattro paesi assistettero a quella scena, la ascoltarono e filmarono.  Abituati alla durezza della lotta, quel fatto, tuttavia, faceva impazzire d’indignazione tutti.  A ognuno ricordava, forse, il proprio figlio. Era difficile comprendere che mani cubane fossero capaci di perpetrare un simile crimine. Che necessità c’era di commettere quella barbarie? Quale obiettivo militare poteva conseguirsi mitragliando quelle casupole indifese a molti chilometri del luogo di combattimento? Quale strano proposito guida la mente dei barbari che utilizzano le risorse della nazione per realizzare quegli orrori contro il proprio popolo?

Quanta vigliaccheria e viltà quella dei piloti che comodamente seduti nei suoi apparati, senza rischio alcuno per la loro vita, assassinano donne e bambini innocenti!

Ah! Abbiamo preso nota del giorno e dell'ora per esigere il castigo che meritano quando sia arrivato il momento di rendere conto, e segnare i loro nomi e cognomi con uno stigma incancellabile, in modo che persino i propri figli se ne vergognino. I piloti che mitragliarono Cayo Espino il l0 aprile alle 3:40 del pomeriggio, sono criminali di guerra che disonorarono la nazione cubana, e non l’Esercito che ha avuto la spudoratezza di assumere la responsabilità del crimine di genocidio che si commette contro Cuba.  

Così non si vendicano le sconfitte subite! Così non si schiaccia una Rivoluzione! Il ricordo dal bambino moribondo non si cancellerà mai dalla memoria dei contadini né dei nostri uomini quando andranno al combattimento. Quando la tirannia crolli, là in Cayo Espino, alzeremo un monumento al bambino Orestes Gutiérrez Peña, simbolo degli innocenti che suono caduti e che sarà un tributo dii tenero ricordo del nostro Esercito Liberatore all'eroismo dei bambini nei cui pensieri sono unanimi l'affetto e la devozione ai nostri combattenti.

E accanto al nome dell'innocente assassinato, la posterità leggerà i nomi dei piloti che lo assassinarono. La popolazione contadina ha ricevuto istruzioni di costruire con urgenza rifugi antiaerei per proteggersi dalla mitraglia e dalle bombe di "napalm" che sta utilizzando la dittatura.

Se questi fatti possono essere perpetrati da un Governo armato contro i cittadini del proprio popolo, forzoso è comprendere che l'umanità ha avanzato ben poco negli sforzi per proteggere i popoli dalla barbarie. Gli Stati Uniti forniscono le armi della Difesa Continentale ed ecco l’uso che ne fanno i loro amici, i dittatori dell'America. Questi non si stancheranno mai di accusarci falsamente di essere “comunisti” per giustificare l'invio delle armi, come se loro rappresentassero la democrazia, la dignità e i più sacri diritti degli uomini.

Campagna triste e senza gloria che si svolge contro i paesi oppressi con la parola “democrazia” in labbra di tiranni.

Si afferma che la vendita di armi al Governo di Batista è stata cancellata dal Dipartimento di Stato americano. Ma il risultato non si altera per niente: gli Stati Uniti le vendono a Somoza e a Trujillo;  Somoza e Trujillo le vendono a Batista. E l'Organizzazione di Stati Americani cosa fa? Hanno forse i dittatori, il diritto di organizzare una congiura per massacrare il popolo cubano? E i governi democratici dell'America, i leader e i partiti democratici del Continente, cosa fanno a braccia incrociate?

Se i dittatori si aiutano tra loro, perché i popoli non si danno una mano? Non abbiamo noi, sinceri democratici di tutta l’America, il dovere di aiutarci? Non abbiamo pagato sufficientemente caro il peccato della nostra indifferenza di fronte all’intesa dei tiranni che promuovono la distruzione delle nostre democrazie? Non si capisce che a Cuba si svolge una battaglia per l'ideale democratico del nostro Continente? Non si rendono conto del fatto che gli ultimi dittatori hanno trasformato Cuba in una delle sue ultime trincee? A Cuba già non si lotta soltanto per la redenzione di un popolo, si difende un principio che interessa all'America. Se i dittatori aiutano Batista, giusto è che i paesi dell'America aiutino Cuba.

In nome del popolo di Cuba, che sta lottando contro le armi di Batista, Trujillo e di Somoza, chiediamo aiuto dei governi democratici dell'America. Un esteso territorio della costa meridionale della provincia d’Oriente, tra Capo Croce e Santiago diedi Cuba, è in potere delle nostre forze. Le armi che siano lanciate in paracadute a dieci chilometri della costa in quella lunga zona, cadranno inevitabilmente nelle nostre mani senza che la dittatura possa intercettarle. Abbiamo bisogno di fucili automatici, mitragliatrici pesanti, bazooka e mortai per avanzare verso la capitale. Il Governo Provvisorio Rivoluzionario suffragherà tutte le spese che le suddette spedizioni causino e il popolo di Cuba ne sarà eternamente grato. I ribelli cubani non chiedono alimenti, non chiedono nemmeno medicine; chiedono armi per combattere, per lasciare stabilito in America che la volontà di un paese è più potente del consorzio della dittatura e dei suoi eserciti mercenari.

Le forze rivoluzionarie del Movimento 26 Luglio continueranno l'offensiva che iniziarono varie settimane fa. Le nostre forze manterranno interrotte le comunicazioni nelle autostrade e nelle vie ferroviarie della provincia d’Oriente. Le milizie del Movimento 26 Luglio devono fare estensiva questa misura al resto del territorio nazionale, vietando il transito civile e causando continue perdite agli elementi militari che saranno inevitabilmente costretti a transitare lungo le stesse o ad abbandonare l'isola. La guerra contro il trasporto dev’essere totale e permanente, il rifornimento di alimenti dev’essere impedito. Il popolo non deve transitare per le autostrade e le ferrovie per evitare i rischi delle sparatorie. Affinché sia efficace l'ordine di sparare, si deve fare contro ogni veicolo che transiti di giorno o di notte, poiché la dittatura usa il procedimento di trasportare militari vestiti come civili ed è impossibile ogni identificazione previa.

Tutte le forze e tutte le risorse del Movimento Rivoluzionario 26 Luglio devono focalizzarsi  nel suddetto obiettivo.

Le forze repressive del regime e la loro legione di confidenti e traditori non potranno resistere questa paralizzazione progressiva e totale del paese. La tirannia dovrà arrendersi per paralisi, asfissia e fame.

Con questa consegna vi saluto per ritornare vicino ai miei uomini.

A tutte le Colonne che operano nella provincia d’Oriente e ai loro Comandanti, le nostre congratulazioni per i successi ottenuti.  
Alle Milizie del Movimento Rivoluzionario 26 Luglio, la nostra riconoscenza e ammirazione per l'eroismo con cui stanno lottando in paesi e città.

Ai ribelli di Las Villas e ad altri gruppi del resto dell'isola, il nostro saluto fraterno e incoraggiante.  Al popolo di Cuba, la sicurezza che questa fortezza non sarà mai vinta, e il nostro giuramento che la Patria sarà libera o morirà anche l'ultimo combattente.

Fidel Castro Ruz  
Comandante Capo delle Forze Armate Rivoluzionarie del movimento 26 Luglio.

Versioni Stenografiche – Consiglio di Stato